Un documentario racconta il poeta: in onda su Sky-Tv2000

 Documentario sui luoghi dell’autore, molti novaresi: dalla scuola Duca d’Aosta di Novara dove insegnò come precario, alle carte e alla tomba a Stresa, fino al calvario di Domodossola dove si fece rosminiano: un’ora per riscoprire un grande poetagrazie alle riprese del regista Luigi Boneschi

Sabato sera il Novarese sarà lo scenario di un documentario di Pupi Avati dedicato a Clemente Rebora, tra i poeti più grandi del Novecento, che insegnò a Novara, diventò rosminiano a Domodossola e visse gli ultimi anni a Stresa, dove è sepolto e sono conservate le sue carte: il filmato, per la regia di Luigi Boneschi, va in onda questo sabato 29 gennaio 2011 alle ore 22,40 sul canale 801 di Sky sulle frequenze di TV2000 all’interno della serie “La selva delle lettere. viaggio nella letteratura italiana”.

La troupe televisiva ha girato in primavera tra Novara, lago Maggiore e Ossola per conto della DueA Film di Avati con la consulenza del Centro Novarese di Studi Letterari e interviste varie, tra cui ai rosminiani Ezio Viola, che fu suo segretario e infermiere, e Umberto Muratore, il biografo, oltre che a Roberto Cicala, studioso e autore di molti libri sul poeta nato a Milano nel 1885 che insegnò a Novara prima della Grande Guerra.

Roberto Cicala, a destra, illustra a Luigi Boneschi, regista, a sinistra, il documento scolastico inedito di Clemente Rebora alla scuola Duca d’Aosta di Novara.

In particolare per la prima volta sono ripresi locali e documenti dell’attuale scuola media Duca d’Aosta, già Galileo Ferraris, che quest’anno celebra tra l’altra il centenario di fondazione, dove nel 1914 Rebora fu «professoruccio filantropo» (come si definì nelle lettere, inviate ad amici come il pittore Michele Cascella e la scrittriceSibilla Aleramo). In quegli anni infatti era insegnante precario tra Milano e Novara, dove nel 1913 aveva fatto un anno di supplenze all’Istituto Bellini. Nell’archivio dell’ex Galileo Ferraris è stato infatti trovato un documento eccezionale: lo “Stato personale” di docente con il curriculum completo di incarichi fino al richiamo alle armi per lo scoppio della Grande Guerra il 15 marzo 1915. A quell’epoca aveva già pubblicato la sua opera di poesia più famosa, Frammenti lirici presso le edizioni della rivista fiorentina “la Voce” di Giuseppe Prezzolini. Le riprese a Stresa riguardano poi le carte inedite nel Collegio Rosmini e la biblioteca di Villa Ducale del Centro Internazionale di Studi Rosminiani.

Come ha dichiarato il regista, «la vita di Rebora si snoda attraverso il racconto di un’esistenza inquieta e paradossale, che trascorre dal laicismo al sacerdozio in età matura, dalla passione “irregolare” per la pianista russa Lidia Natus a quella altrettanto spiazzante per Maria di Nazareth, dopo la conversione, ma che appare anche nella continuità di una costante ricerca del vero di cui la poesia si fa strumento indispensabile, con un libro come  i Frammenti lirici che è uno dei modelli per gli Ossi di seppia di Montale».

Il documentario mostra alcuni dei luoghi più belli d’Italia dove ancora vive la famiglia rosminiana in cui qualcuno lo ricorda ancora affettuosamente come “don Clemente Maria”: Stresa, sul lago Maggiore, dove Rebora è sepolto accanto ad Antonio Rosmini ed ebbe il suo primo passaggio vocazionale; Domodossola col Sacro Monte Calvario dove fu novizio ultraquarantenne; la straordinaria Sacra di San Michele nel cui “culmine vertiginosamente santo” a filo di nuvole trascorse alcune delle sue più belle estati, tra i monti che da ragazzo aveva scalato con passione; Rovereto dove si svolse la maggior parte della sua vita sacerdotale. O città come Milano, dove nacque e conobbe gli anni convulsi di una giovinezza “scapigliata”.

Clemente Rebora nacque a Milano nel 1885. Educato laicamente secondo i principi mazziniani, visse una giovinezza inquieta laureandosi in Lettere e frequentando amici come Michele Cascella, Antonio Banfi, Daria Malaguzzi e Sibilla Aleramo (legandosi affettivamente alla pianista russa Lydia Natus, con la quale poté tradurre opere di Andreev, Tolstoj oltre a Gogol’). Fu sempre alla ricerca di una dimensione trascendente, raggiunta infine nell’ordine rosminiano. Insegnò in scuole pubbliche e private (tra Novara e Milano), fu rivelato dalla prima opera, del 1913, Frammenti lirici, pubblicata da Giuseppe Prezzolini nelle sue edizioni fiorentine della rivista “La Voce” e fu amico di artisti e intellettuali. Nel 1922 uscirono i Canti anonimi, successivi a un grave trauma nervoso provocato da un’esplosione durante la prima guerra mondiale da cui uscì con l’emblematica diagnosi di «mania dell’eterno». Dopo un itinerario di conversione matura, prese i voti religiosi nel 1936 e si isolò completamente tornando alla poesia negli ultimi anni. Le sue ultime opere (tra cui i Canti dell’infermità) furono pubblicate da Scheiwiller. Dopo una passio fisica e spirituale durata venticinque mesi, morì a Stresa nel 1957. Scrisse lo stesso giorno Eugenio Montale per il “Corriere della Sera”: «È un conforto pensare che il calvario dei suoi ultimi anni – la sua distruzione fisica – sia stato per lui, probabilmente, la parte più inebriante del suo curriculum vitae». Nel 1947 il fratello Piero ha curato un’edizione delle Poesie per Vallecchi, mentre la più recente edizione di tutte Le poesie, negli “Elefanti” Garzanti”, è del 1994 – poi ristampata – a cura di Gianni Mussini e di Vanni Scheiwiller. È in corso lo studio degli inediti unito all’annotazione delle maggiori opere, i cui primi frutti sono l’edizione commentata del Curriculum vitae e, a breve, dei Frammenti lirici, oltre al Diario intimo, tutte presso Interlinea.

Di seguito le quattro parti del documentario (da YouTube)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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