«Era maggio. Il mese più bello dell’anno. Era il settimo giorno del mese: le nonae. C’era sole. C’erano i fiori sugli alberi e nei prati, c’erano, a chiudere l’orizzonte, le grandi montagne: le Alpi, ancora bianche di neve…. La gente scappava. Da tre, quattro giorni: per la strada che attraversava il villaggio di Proh venendo da Novara e dagli altri borghi della pianura si snodava una processione ininterrotta di uomini e di donne curvi sotto i peso delle cose che dovevano assolutamente essere portate in salvo e che i più ricchi avevano potuto caricare se un asino, su un cavallo o addirittura su un carro…» Così inizia il primo capitolo di Terre selvagge, il nuovo romanzo di Sebastiano Vassalli, che dopo quasi cinquant’anni lascia i “Supercoralli “di Einaudi, di cui è stato fino a oggi una delle bandiere, per passare nella collana “La Scala” di Rizzoli essendo dopotutto opinionista del “Corriere della Sera”. È un ritorno al romanzo storico di ampio respiro e ciò che conta è la qualità della scrittura capace di illuminare un momento storico dimenticato che tuttavia ha fatto epoca. Si tratta della battaglia dei Campi Raudii del 101 a.C. che ha meritato anche un dipinto di Tiepolo dal titolo La battaglia di Vercelli: in effetti il luogo dello scontro tra Romani e Cimbri è nella pianura tra Vercelli e Novara, dove lo scrittore vive e ha ambientato alcuni dei suoi maggiori romanzi, fin dal ’600 della Chimera, long seller entrato tra i libri più letti nei licei accanto ai Promessi sposi. Anche quest’ultimo libro ha le carte in regola per diventare una lettura amata dai giovani attratti dall’antica civiltà romana.
Scrive Vassalli: «La pianura del Po è una lavagna su cui sono state scritte infinite storie che poi il tempo si è incaricato i cancellare per scriverne delle altre; e così deve anche essere successo con la madre di tutte le storie, cioè questa».
Dunque un grande narratore e la grande storia. Vassalli racconta una battaglia che ha cambiato la Storia: Terre selvagge è un viaggio nel tempo, in un’Italia ancora misteriosa, così vicina e così lontana da quella che conosciamo. Un romanzo che è una lettura da consigliare per capire la storia antica e la storia attuale. Dal risvolto di copertina: «Ai piedi del monte Rosa, impassibile nella sua armatura di ghiacci, dimora degli dei, centro del mondo conosciuto, si estende una pianura fitta di boschi e pericoli. In questa terra a sud delle Alpi, disabitata e talmente inospitale che nel 101 a.C. non ha ancora un nome, sono schierati uno di fronte all’altro, su una superficie lunga chilometri, i due eserciti più grandi del continente. Duecentomila uomini pronti a combattere corpo a corpo, a massacrarsi fino allo stremo: a fare la guerra nel modo in cui la guerra veniva fatta oltre due millenni fa. Da una parte un popolo di invasori, anzi di “diavoli”, che ha percorso l’Europa in lungo e in largo, portando distruzione ovunque, ed è dilagato nella valle del Po saccheggiando città e villaggi, mettendo in fuga gli abitanti. È il popolo dei Cimbri, invincibile da vent’anni e deciso, forse, ad attaccare persino Roma. Dall’altra parte c’è il console Caio Mario, l’uomo nuovo della politica, con il suo esercito di plebei ed ex schiavi, l’ultimo in difesa dell’Urbe. Quella che stanno per affrontare non è una battaglia, è lo scontro tra due civiltà al bivio cruciale della sopravvivenza, è un evento destinato a cambiare la Storia. Terre selvagge è un viaggio nel tempo, in un’Italia ancora misteriosa, così vicina e così lontana da quella che conosciamo. È il racconto di una pagina drammatica della vicenda umana, finora avvolta da incertezze, falsità e malintesi. È, soprattutto, un maestoso mosaico di ambizioni e di paure, nel quale è custodita la chiave per capire molte cose anche del presente».
Sebastiano Vassalli, Terre selvagge. Campi Raudii, Rizzoli, Milano 2014, pp. 304, euro 18.
(Scheda a cura del Centro Novarese di Studi Letterari)
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